Il piccolo spazzacamino
Benjamin Britten
Teatro dell’Opera di Roma
Roma, Teatro Nazionale
Febbraio 2019

Il sussidiario

Giuseppe Pennisi

Lo scorso autunno ci siamo occupati del Reate Festival – la piccola ma preziosa manifestazione musicale organizzata ogni anno a Rieti nel bellissimo Teatro Vespasiano – in occasione della presentazione di uno spettacolo prodotto dal Festival medesimo al Teatro di Villa Torlonia a Roma (Il ritorno di Ulisse in Patria di Claudio Monteverdi). Abbiamo colto un’altra produzione del Reate Festival al Teatro Nazionale (una pertinenza del Teatro dell’Opera): un gioiello del teatro musicale del Novecento, Il piccolo spazzacamino di Benjamin Britten pensato e scritto nel 1949 per incoraggiare i bambini dai 6 ai 15 anni ad andare all’opera. La produzione risale a qualche anno fa: ora è tornata per dieci repliche. In quest’opera da camera, su libretto di Eric Crozier, c’è la denuncia, raccontata con la leggerezza tipica delle fiabe, dello sfruttamento del lavoro minorile degli spazzacamini, di grande attualità nella Gran Bretagna del primo Novecento. Una tematica che si ricollega a un altro soggetto al quale Britten era molto sensibile: la corruzione dell’innocenza dell’infanzia da parte degli adulti (ad esempio, ne Il giro di vite). Ne Il piccolo spazzacamino, invece, l’innocenza trionfa. In breve, nella Gran Bretagna dickensiana, portata alla Londra del Novecento nella abile regia di Cesare Scarton, (le scene sono di Maria Rossi Franchi ed i costumi di Anna Biagiotti e Simona Scandagli) […]..


Il ritorno di Ulisse in patria
Claudio Monteverdi
Reate Festival
Accademia Filarmonica Romana
Teatro di Roma
Roma, Teatro di Villa Torlonia
Ottobre 2018

Art Tribune

Fabrizio Federici

Uno spettacolo vivace. Tutto ha concorso a uno spettacolo vivace e mai noioso, a dispetto delle sue tre ore di durata. La regia di Cesare Scarton ha saputo dare chiarezza e verosimiglianza all’azione scenica, anche grazie alle ottime capacità attoriali dei cantanti; belle in particolare alcune scene a due, di forte intensità erotica, come quella nel primo atto tra Melanto ed Eurimaco, e certe scene corali, come il canto di gioia dei Feaci e la loro successiva trasformazione in scoglio, per volere dell’implacabile Nettuno. E non è mancato nemmeno, come si chiarisce nelle note di regia, qualche riferimento all’attualità, con pochi generosi che accolgono fraternamente il profugo Ulisse e i Proci che calpestano il sacro valore dell’ospitalità, travolti come sono dal loro edonismo. Non a caso il buon pastore Eumete è davvero un pastore, ovvero un prete, forse ad alludere al ruolo che la Chiesa, assai più di istituzioni spesso latitanti o ostili, riveste oggi nell’accoglienza degli ultimi.

CD Classico

Isabella Chiappara

La regia di Scarton è stata interessante, alcuni quadri molto belli, quasi dei tableaux vivant, grazie alle ottime luci, dei momenti molto potenti, e una giusta interpretazione dei ruoli, fra la diversità degli Dei e dei mortali. Forse un po’ eccessiva la multiforme presenza, nei costumi moderni, di stili giustapposti. Una maggiore omogeneità l’avrei gradita maggiormente. Bellissime comunque le scelte relative a Ulisse, avvolto con un manto scuro, quasi la statua di un Edipo dolente, della Penelope di Lucia Napoli, più commovente ed altera nel Lamento che nel suo vestito da sera sfavillante in stile Vionnet. In ogni caso un bravo alla costumista, anche se nella multiforme varietà degli stili, sempre impeccabili storicamente, ho apprezzato grandemente in particolare gli abiti stile 1880 delle due Dee.

Contrappunti

Marco Bombagi

Questa storica tre giorni romana viene magistralmente realizzata in occasione del decennale del Reate Festival con la regia di Cesare Scarton e la direzione musicale di Alessandro Quarta, assieme al Reate Festival Baroque Orchestra e ad un cast di bravissime e giovani voci specializzate nel patrimonio barocco. L’emozione di testo e musica immortali viene trasmessa al pubblico grazie ad un’esecuzione la cui perfezione tecnica si lega alla forza espressiva di una squadra formidabile. Si fa fatica infatti ad evidenziare le individualità migliori data la bellezza dirompente del lavoro collettivo che artisti sul palco e al di sotto di esso hanno dimostrato. Il gradimento della platea e delle balconate dell’elegante e magnifico teatro viene infine esplicitato con lunghissimi applausi al termine dello spettacolo.

Dionysos / Gli stati generali

Dino Villatico

La regia di Cesare Scarton, che si serve di scene funzionali, mobili, di Michele Della Cioppa, a raffigurare interni ed esterni di un palazzo miceneo, e dei sontuosi e bei costumi di Anna Biagiotti, ambienta l’azione in epoca indeterminata, abiti di oggi per gli umani, tra Otto e Novecento per gli dei (bravissimi, tutti!), supponendo il passaggio da un’epoca arcaica, aristocratica, fondata sul dovere, a una più giovane, democratica? fondata sulla ricerca del piacere (i Proci). Plausibile. Già Sofocle nel Filottete imposta un simile contrasto tra morale aristocratica, individualistica, e morale democratica, collettiva, utilitaristica. Ma il discorso qui si fa complesso. Al pubblico, comunque, il messaggio arriva.

gothicNetwork.org

Daniela Puggioni

Cesare Scarton apre le sue note di regia citando proprio le parole con cui il pastore Eumeo accoglie Ulisse (Odissea, XIV, 56-58), in cui di parla dell’ospitalità, un obbligo sacro nel Mediterraneo, che, se infranto, provocava la terribile ira degli dei, una citazione su cui si dovrebbe meditare insieme a quella del vangelo di Matteo (25, 35-36), alla luce degli attuali accadimenti. La regia di Scarton si è fusa armoniosamente all’esecuzione musicale, è una regia interessante, fluida e coerente nello svolgimento, che ha differenziato i personaggi anche con i costumi, ottocenteschi per quelli sovrannaturali, contemporanei per gli umani. I personaggi agiscono tra le rovine di un’epoca passata, un’allusione al contrasto, sottolineato dalla regia, tra le generazioni. Quella di Ulisse, Penelope e Eumete, diventato da pastore di greggi pastore di anime per le sue considerazioni morali, è ormai al tramonto mentre sorge quella nuova dei Proci e di Melanto dediti unicamente ai piaceri. Telemaco è in bilico, affascinato anche lui da Elena viene rimproverato dalla madre, che gli ricorda che l’amore tra Paride ed Elena è costato un bagno di sangue. Il crepuscolare e tenero duetto finale tra i due sposi finalmente ricongiunti ha come sfondo l’affermarsi della nuova generazione dedita ai piaceri.

Il giornale della musica

Mauro Mariani

La regia di Cesare Scarton non sbagliava un colpo. Dando piena fiducia a testo e musica, ne metteva in evidenza tutte le implicazioni, quelle più evidenti e quelle più segrete. Tutto era basato sull’accorta gestione della recitazione, delle posture e dei ritmi, nella cornice essenziale e quasi neutra delle scene grigie e pietrose di Michele Della Cioppa: un letto che si trasformava in tavolo e tre spezzoni di pareti che si muovevano ingegnosamente per formare i vari ambienti. Per dare concretezza ai personaggi umani Scarton ha chiesto ad Anna Biagiotti costumi di foggia moderna, mentre erano ottocenteschi quelli degli dei, a rimarcare la distanza tra i due ambiti, che si sfiorano ma restano sempre separati, come se gli dei appartenessero ad un vecchio mondo ormai superato. In alcuni momenti la regia si prendeva la libertà di suggerire una propria interpretazione, che non era mai arbitraria ma sottolineava alcuni spunti già presenti nell’opera: si è detto di Eumete trasformato in sacerdote, si può aggiungere che nel finale, mentre al proscenio Penelope e Ulisse cantano l’amore coniugale, sullo sfondo Telemaco si dedica ad un rapporto amoroso meno idealizzato: Amore è sì vincitore, ma non è l’amore platonico ma l’amore sensuale, figlio di Venere, come viene presentato nel prologo del Ritorno d’Ulisse in patria e in quello dell’Incoronazione di Poppea.

Il sussidiario

Giuseppe Pennisi

Ho assistito ad uno spettacolo da ‘Premio Abbiati’ (l’Oscar italiano per la musica colta): una scena unica (Michele Dalla Cioppa) con elementi mobili e costumi (Anna Biagiotti) differenziati: contemporanei per Ulisse, Penelope, e gli altri della vicenda principale, e di tardo Ottocento e inizio Novecento per gli Dei (Giove, Nettuno, Minerva, Giunone) che cantano dai margini di sinistra e di destra della prima galleria. Ingegnosa la regia (Cesare Scarton). Fa de Il Ritorno di Ulisse in Patria un dramma musicale modernissimo (il ‘pastore’ Eumete veste in clergyman ed officia l’Eucarestia) grazie alla agilità e prestanza dei giovani cantanti-attori (che consentono anche di mostrare le scene erotiche, sempre presenti nell’opera barocca veneziana, ma spesso de-enfatizzate poiché i cantanti non hanno il fisico adatto). Quindi, uno spettacolo giovane e per giovani. In sala erano numerosi.

L’ascoltatore dilettante

Nicola Iannello

Un teatro piccolo ma di grande bellezza, perfetto per accogliere uno spettacolo “antico”, con un’orchestra di neanche venti elementi; una compagnia di canto giovane e agguerrita; una messa in scena di impatto e curata in ogni aspetto; un’esecuzione. Gli ingredienti ci sono tutti per tre ore di godimento puro. Non occorre essere un appassionato di Monteverdi o della musica della sua epoca per immergersi totalmente nelle meraviglie di una rappresentazione senza tempo. La regia di Cesare Scarton colloca gli Dei quasi sempre nella galleria, in posizione sopraordinata agli umani e alle loro vicissitudini, vestiti in abiti ottocenteschi (Nettuno da ammiraglio, Giove da generale, Minerva e Giunone da gran dame). Bella la soluzione dell’apparizione ini scena di Minerva sotto spoglie di ragazzo che canta in playback. A introdurre la vicenda, la Humana fragilità, il Tempo, la Fortuna e Amore. I personaggi della vicenda omerica sono in abiti della nostra epoca, a segnare l’eternità della condizione umana, che da sempre si misura con gli stessi problemi: qui l’amore, la fedeltà, l’inganno, la lussuria, la cupidigia, la brama di potere.

Uniroma Network

Paola Pariset

Scarton ha messo in scena un caleidoscopico universo di tradizionalisti dolci e puri – fra cui il pastore Eumete in vesti di moderno sacerdote, che donando all’ospite Ulisse pane e vino, inscenava una moderna cerimonia eucaristica con tanto di altare e calice – e un altro versante di esseri edonistici, avidi di piaceri di ogni tipo: fra questi i Proci vestiti di luccichini e lamè, di giacche rosa e turchine a petto nudo, in un girotondo multicolore e inebriante (anche la seriosa musica di Monteverdi si frangeva in luccichii clavicembalistici), cui si aggiungevano – ahimè, che brutta concessione all’erotismo giovanilistico! – le copule a cielo aperto dell’ancella Melanto con Eurimaco. A tale dinamismo si aggiungevano i tanti cambi di scena – una scena (di Michele Della Cioppa, con luci di Andrea Tocchio) spoglia, fatta di parallelepipedi simulanti rocce, muri cadenti, pareti e quant’altro. Bravissimo comunque Cesare Scarton nel dare vita al tutto.

Il Tempo

Lorenzo Tozzi

Efficace la regia di Cesare Scarton che riesce a evitare il rischio di un’operazione museale, vestendo gli dei come stereotipi guerreschi (le Dee come gran Dame, Nettuno come Nostromo, Giove con feluca napoleonica) ed utilizzando elementi mobili in scena per definire variamente lo spazio scenico animato da una variegata umanità in abiti moderni.

Quinte parallele

Matteo Macinanti

Ma veniamo allo spettacolo. L’opera è stata allestita all’interno del Teatro di Villa Torlonia: la capienza contenuta (intorno ai 120 posti) e la prossimità tra pubblico e palcoscenico proprie di questo teatro ben si attagliano alla rappresentazione di opere barocche. La scenografia è nuda: sul palco campeggiano solo dei grandi monoliti mobili che, nel rappresentare la petrosa Itaca, alludono all’ “incertezza e labilità della condizione mortale”, come si può leggere nelle note di regia di Scarton. All’amore casto e fedele di Penelope si contrappone poi quello disinvolto e cinico della bella Melanto la cui procacità incanta e ammalia il suo inconsistente amante Eurimaco. Consistente è invece la presenza scenica dei due cantanti, capaci di dominare egregiamente la scena. Lo spazio scenico subisce successivamente un innalzamento sia fisico che di registro: è nella galleria del teatro, accanto al pubblico, che prende vita il dialogo tra Nettuno e Giove. Convince altresì la scelta dei costumi — una divisa da ammiraglio di Marina per il primo e una napoleonica feluca per il secondo — che secondo un’interessante scelta registica si ricollegano all’élite ottocentesca che ha promosso la costruzione del teatro come manifestazione autocelebrativa del proprio potere. I due cantanti, nonostante l’entità ridotta della parte, si inseriscono bene nella faccenda scenica e il loro canto si dimostra all’altezza dell’intero complesso vocale. Alla scarna asciuttezza scenografica si contrappone la pomposa ricchezza degli abiti di scena (Anna Biagiotti), in modo particolare delle dee Minerva e Giunone.

EsseCiOpera

Tomaso Camuto

Tutti artisti ben preparati grazie anche alla impostazione registica di Cesare Scarton. Sobrie le scene di Michele Della Cioppa, pregevoli i costumi di Anna Biagiotti.

Ensemble

Giuseppe Pennisi

Cesare Scarton’s stage direction is very ingenious: Il ritorno di Ulisse in patria becomes almost a contemporary music drama with swift changes of scen just by moving a few props. The stage direction almost gives this Renaissance opera the pace of a thriller. As the singers are also good looking actors, the erotic scenes are quite vivid.

Amadeus

Francesco Arturo Saponaro

Cesare Scarton ha disegnato una regia dinamica, idiomatica secondo i diversi momenti e personaggi, sottolineando il tramonto del mondo di Ulisse e Penelope rispetto al cinico edonismo dei tempi moderni, impersonato dai Proci.

Voce romana

Franco Onorati

Veniamo al contenuto di questa memorabile esecuzione. Questa compresenza di umano e divino ha suggerito al regista Cesare Scarton di diversificare il mondo umano e quello divino: obiettivo felicemente raggiunto, facendo indossare abiti contemporanei ai personaggi umani e costumi di fine Ottocento-inizi Novecento agli dei, cioè in questo secondo caso costumi propri dell’epoca di costruzione dei due teatri (quello di Villa Torlonia e il Flavio Vespasiano di Rieti) in cui l’opera di Monteverdi viene rappresenatata. Si deve allo stesso regista anche una appropriata animazione dei personaggi in scena, valorizzando opportunamente lo spazio disponibile, entro il quale figurava una scenografia che allude a un’antica reggia in rovina, una sorta di edificio sventrato che emerge nell’isola di Itaca, che si immagina continuamente erosa dal mar Ionio.


Polidoro
Antonio Lotti
Festival Vicenza in Lirica
Vicenza, Teatro Olimpico
Settembre 2018

L’Opera

Cesare Galla

Tutti sono stati guidati dal regista Cesare Scarton in uno spettacolo di nitida efficacia nella sua semplicità – nessun oggetto davanti alla frons scenae – ma di studiata raffinatezza, costruito per far vivere la tragedia negli sguardi, nei gesti, negli stilizzati movimenti dei cantanti stessi, sottolineando talvolta il barocco gioco di specchi sull’identità dei due personaggi principali con la sobria presenza di alcuni “doppi”. Tanto più efficace, la scelta registica […]

Il giornale di Vicenza

Filippo Lovato

Bene ha fatto il regista Cesare Scarton a semplificare. Scena fissa olimpica e personaggi che recitano con gestualità moderna alla ricerca di un’autenticità che di per sé il libretto nega.

Bellini News

Lukas Franceschini

Come più volte affermato allestire un’opera, anche del sei-settecento, al Teatro Olimpico è sempre ardua impresa poiché i vincoli architettonici pongono pesanti limiti al teatro musicale come viene inteso oggi. Il regista Cesare Scarton sviluppa il suo lavoro sulla recitazione dei singoli, i quali tentano in tutti i modi, riuscendoci, di esprimere l’esaltazione dei valori dell’amicizia, della passione, dei conflitti personali e sociali. In tale ottica non ci sono scenografie, il regista afferma che lo spazio scenico dello storico teatro è già una cornice ideale e non ha voluto alterare la bellezza del luogo.

Connessi all’opera

Roberto Mori

Il regista dello spettacolo, Cesare Scarton, parte dal presupposto che il Teatro Olimpico è una entità autosufficiente, un monumento che non può essere toccato, e sceglie di non contaminare la frons scenae dello Scamozzi con altri interventi scenografici. Tutto è affidato alla recitazione dei cantanti, a una gestualità moderna e dinamica, spogliata di ogni aulicità, che intende restituire le passioni intense e i conflitti vissuti dai personaggi.

Le salon musical

Alessandro Cammarano

Cesare Scarton firma una regia essenziale e rispettosa dell’Olimpico, lasciato saggiamente “nudo” e ulteriormente nobilitato dall’essenzialità del gesto scenico, che si richiama direttamente alla tradizione barocca.

Musica

Lorenzo Tozzi

La regia di Cesare Scarton si fa apprezzare per sobrietà e pertinenza.


Trittico del Novecento italiano
Nino Rota
La scuola di guida
Giancarlo Menotti
Il telefono o L’amore a tre
Michele dall’Ongaro
Bach Haus
Reate Festival
Rieti, Teatro Flavio Vespasiano
Novembre 2017

La scena critica

Tomaso Camuso

L’intero trittico ha avuto Cesare Scarton come meticoloso e intelligente regista. Eccellente e fantasioso il contributo scenografico di Michele Della Cioppa e Maria Rossi Franchi.


Combattimenti
Giorgio Battistelli
Orazi e Curiazi
Claudio Monteverdi
Combattimento di Tancredi e Clorinda
Claudio Ambrosini
Tancredi appresso il Combattimento
Amelia, Teatro Sociale
Rieti, Teatro Flavio Vespasiano
Terni, Teatro Sergio Secci
Roma, Teatro Palladium
Ottobre 2017

La Repubblica

Guido Barbieri

Generosa di invenzioni la regia di Cesare Scarton che crea una sintesi “parlante” tra danza, video e recitazione.

GothicNetwork.org

Daniela Puggioni

Cesare Scarton ha creato una regia suggestiva che ha amalgamato i vari elementi, musicali, coreografici e scenici per ottenere la continuità drammatica.

La voce d’Italia

Claudio Listanti

Lo spettacolo, che ha goduto indiscutibilmente della scelta di essere rappresentato senza soluzione di continuità, è stato costruito in maniera omogenea ed efficace da Cesare Scarton, grazie anche alla partecipazione di Maria Rossi Franchi per le scene, Flaviano Pizzardi per ‘motion capture’ e video, da Giuseppe Bellini per i costumi e da Andrea Tocchi per le luci. La scena. per ogni parte dello spettacolo, godeva di fondali che, tramite proiezioni, riproducevano pitture ispirate agli avvenimenti rappresentati che riuscivano a circostanziarne la visione e l’intelligibilità.

L’Opera

Luca Pellegrini

Regia di Cesare Scarton, che muoveva quinte e fondali che, scomponendosi, riflettevano immagini di tragici eroi e classiche pitture.


I due timidi
La notte di un nevrastenico
Nino Rota
Reate Festival
Teatro Flavio Vespasiano Rieti
Settembre / Ottobre 2017

Amadeus

Francesco Saponaro

Impeccabile e vivace il progetto registico di Cesare Scarton, con la funzionale scenografia di Michele Della Cioppa, i bei costumi di Anna Biagiotti, le luci eloquenti di Andrea Tocchio. Impegnati in entrambi i titoli, meritano la citazione tutti i giovani cantanti, bravi e disinvolti.

Il giornale della musica

Alessandro Mastropietro

Un narratore si incarica di personificare questo debito drammatico, e la regia di Cesare Scarton sembra sottolineare l’aspetto narrativo fasciando di fogli di giornale la zona centrale della scenografia, separatrice dei due spazi scenici appannaggio dei protagonisti, e – per contrasto – alludendo nel “coro” epico delle cameriere a spensierati e a-problematici legami. […] La compagnia di canto funziona benissimo soprattutto per essere fresco e professionale ensemble di giovane, preparato in modo inappuntabile sotto l’aspetto attoriale: tutti si muovono con proprietà, credibilità e misura d’espressione corporea, segno di un lavoro di preparazione assai serio e completo.

L’Opera

Luca Pellegrini

Cesare Scarton ha creato una regia snella, pertinente, drammaturgicamente attenta, nata dalla lettura approfondita dei libretti di Suso Cecchi d’Amico e di Riccardo Bacchelli. […] Fragilità di anime e caratteri che la musica di Rota illustra alla perfezione e i cantanti, tutti, perfettamente restituiscono. […] La regia corre spedita, il letto-trono incombe, le vite sembrano risucchiate nella notte buia di questa assurda pazzia. E freschi gli interpreti l’aiutano per uno spettacolo gradevolissimo, accattivante.

La voce d’Italia

Claudio Listanti

Lo spettacolo è stato realizzato, per la parte visiva, da Cesare Scarton, che ha ambientato l’azione agli anni di produzione delle opere proponendo una regia molto accurata nei movimenti che metteva in risalto tutto lo svolgimento dell’azione e avendo come sfondo un impianto scenico molto eleganti e “polivalente” costruito dallo scenografo Michele Della Cioppa del tutto funzionale all’economia dello spettacolo per un parte visiva arricchita anche dai costumi di Anna Biagiotti, una realizzazione risultata omogenea in tutte le parti.

La scena critica

Tomaso Camuto

L’esecuzione reatina è stata eccellente. Attenta regia di Cesare Scarton, con godibili scene di Michele Della Cioppa ed eleganti costumi di Anna Biagiotti

Quinte parallele

Matteo Macinanti

La resa dell’atmosfera, tanto opprimente quanto buffa, viene resa dalla scenografia e dagli attori in modo da coinvolgere il pubblico nello sviluppo della storia in modo avvincente. […] I cantanti dimostrano anche in questo caso un’ottima padronanza dello spazio scenico.


Combattimenti
Orazi e Curiazi
Battistelli
Combattimento di Tancredi e Clorinda
Monteverdi
Tancredi appresso il Combattimento
Ambrosini
Teatro Sociale Amelia
Teatro Flavio Vespasiano Rieti
Teatro Sergio Secci Terni
Teatro Palladium Roma
Ottobre / Novembre 2017

La Repubblica

Guido Barbiere

Generosa di invenzioni la regia di Cesare Scarton che crea una sintesi “parlante” tra danza, video e recitazione.

GothicNetwork.org

Daniela Puggioni

Cesare Scarton ha creato una regia suggestiva che ha amalgamato i vari elementi, musicali, coreografici e scenici per ottenere la continuità drammatica.

La voce d’Italia

Claudio Listanti

Lo spettacolo, che ha goduto indiscutibilmente della scelta di essere rappresentato senza soluzione di continuità, è stato costruito in maniera omogenea ed efficace da Cesare Scarton, grazie anche alla partecipazione di Maria Rossi Franchi per le scene, Flaviano Pizzardi per ‘motion capture’ e video, da Giuseppe Bellini per i costumi e da Andrea Tocchi per le luci. La scena. per ogni parte dello spettacolo, godeva di fondali che, tramite proiezioni, riproducevano pitture ispirate agli avvenimenti rappresentati che riuscivano a circostanziarne la visione e l’intelligibilità.

L’Opera

Luca Pellegrini

Regia di Cesare Scarton, che muoveva quinte e fondali che, scomponendosi, riflettevano immagini di tragici eroi e classiche pitture.

Trittico del Novecento
La scuola di guida
Rota
Il telefono o L’amore a tre
Menotti
Bach Haus
dall’Ongaro
Reate Festival
Teatro Flavio Vespasiano Rieti
Novembre 2017

La scena critica

Tomaso Camuso

L’intero trittico ha avuto Cesare Scarton come meticoloso e intelligente regista. Eccellente e fantasioso il contributo scenografico di Michele Della Cioppa e Maria Rossi Franchi.

Un’infinita primavera attendo
Carnini
Accademia Filarmonica Romana
Teatro Palladium
Dicembre 2016

Il giornale della musica

Mauro Mariani

Cesare Scarton – con la collaborazione di Michele Della Cioppa per le scene e Giuseppe Bellini per i costumi – ha trovato con esattezza la difficile misura registica per uno spettacolo che deve essere contenuto e minimalista ma anche avere una sua energia interiore. Per raggiungere l’obiettivo svolgevano un ruolo importante i video di Flaviano Pizzardi.

L’opera

Luca Pellegrini

Cesare Scarton disegna una regia essenziale ma sorprendentemente coesiva nelle due parti in cui è divisa, con un sipario formato da un episodio Aikido, arte marziale giapponese non finalizzata alla lotta, ma alla conquista della propria verità interiore. Che a Moro costerà la vita.

gothicNetwork.org

Teo Orlando

Il regista, Cesare Scarton, è riuscito a tradurre queste tematiche in un difficile tentativo di teatro musicale contemporaneo, complici anche le musiche di Daniele Carnini, originali ma non protese all’avanguardia pura.

Il corriere musicale

Simone Ciolfi

C’è di buono nell’opera, che non la si avverte come una produzione troppo attuale, ma come uno spettacolo fuori dal tempo. Si comprende anche senza riferimenti storici, e, in fondo, l’unico personaggio storico è il Presidente, cioè Moro. La scena è senza tempo, e le proiezioni le donano profondità e movimento. In questo l’opera, in generale, si differenzia dal cinema e dalla televisione: c’è la concretezza dei luoghi e la virtualità dello schermo, che insieme aumentano, come prima si diceva, la polifonia della percezione.
Il tutto ha convinto: voci, strumentisti, direttore, regia. Dal tutto promana un senso di omogeneità, si avverte che le varie componenti dell’opera, spettacolo quanto mai delicato e complesso, si potenziano l’una con l’altra. Ammirevole da parte di tutti il profondere impegno sociale nell’opera, perché da una parte ciò rivela l’importanza che gli autori danno allo loro creazione, dall’altra è un sollievo, almeno per chi vive in un mondo di svenevoli stupidaggini televisive. Un aspetto storico, anche questo dell’impegno, veramente ben attualizzato.

Il sussidiario

Giuseppe Pennisi

Efficace la regia di Cesare Scarton. E’ un  filone che va sostenuto: da un lato , ‘svecchia’ potandolo su temi d’attualità; da un altro, la decantazione musicale permette di entrare in aree dove la cronaca e la stessa saggistica non riescono ad accedere.

Recensito

Adriano Sgobba

La regia di Cesare Scarton traduce sulla scena l’esigenza narrativa dell’opera, sfruttando la multimedialità con finalità evocative – dunque non solo con scopi illustrativi – e utilizzando una scena “spoglia” di orpelli con le attrezzature tecniche a vista. Una regia intelligente, come quella che sta realizzando Cesare Scarton porta gli stessi autori a individuare altri significati possibili del loro lavoro. Scarton sta lavorando con intensità sui singoli personaggi, sui loro gesti, sul rapporto tra canto, espressione, azione corporea. Senza inutili orpelli, ma con la presenza importante, dal punto di vista non decorativo ma drammaturgico, del video.


Hanjo
Panni
Associazione Nuova Consonanza
Roma, Teatro Palladium
Novembre 2016

Il giornale della musica

Mauro Mariani

La regia di Cesare Scarton – all’interno di scene consistente in eleganti pannelli dipinti da Isabella Ducrot – era delicatissima e minimalista, quindi ideale per questo dramma tutto interiore, che si svolge in atmosfere sospese e fuori dal tempo.

Teatro.it

Lorenzo Asti

Artisti e scenografia sono gestiti in maniera semplice, diretta e molto efficace dalla regia di Cesare Scarton che ben ha saputo creare con pochi e puliti elementi il piccolo mondo in equilibrio fra dolcezza e violenza che racchiude questa storia. Senza fronzoli e con grande attenzione ai particolari, Scarton ha confezionato uno spettacolo in cui la partitura si fonde
perfettamente con le scene di Isabella Ducrot, affidando un particolare ruolo narrativo ai pannelli in cui sono racchiuse le opere di Jitsuko che rappresentano i corpi nudi dei tre protagonisti impegnati in amplessi tra il voluttuoso e il violento. I quadri inizialmente si presentano con figure colorate ed equilibrate ma sono svelati progressivamente durante lo
svolgimento della vicenda mettendo a nudo reconditi desideri e paure della pittrice. Un ruolo predominante è giocato dalla lunga tela centrale decorata da una cornice/gabbia fatta di colpi di pennello che fa da sfondo e da tappeto su cui viene proiettata l’ombra dei personaggi appena prima del loro ingresso in scena e in cui le due amanti si avvolgono nel finale come in lenzuola nuziali.

Avvenire

Lorenzo Pennini

Deliziose le scene e i costumi di Isabelle Ducrot. Delicata la regia di Cesare Scarton. Teatro Palladium pienissimo. Molti applausi.


Il piccolo spazzacamino
Britten
Reate Festival
Rieti, Teatro Flavio Vespasiano
Ottobre 2016

Il giornale della musica

Mauro Mariani

Fabio Maestri ha guidato con mano sicura gli esecutori grandi e piccoli – cosa non così facile – e ha trovato il giusto equilibrio tra la leggerezza della favola e l’intensità espressiva del piccolo dramma a lieto fine. Simili le qualità dello spettacolo, vivace e colorato, adatto al pubblico giovanissimo, ma senza trascurare gli aspetti di denuncia sociale: lo firmavano Cesare Scarton per la regia, Michele Della Cioppa e Maria Rossi Franchi per le scene e Giuseppe Bellini per i costumi.

gothicNetwork.org

Daniela Puggioni

La regia di Cesare Scarton ha messo in evidenza sia gli aspetti malinconici, che quelli giocosi e ironici in armoniosa sintonia con la direzione d’orchestra. La regia si è giovato della scenografia essenziale ma efficace di Michele Della Cioppa e Maria Rossi Franchi e dei costumi  Giuseppe Bellini.

Voceditalia.it

Claudio Listanti

Cesare Scarton ha immaginato e realizzato uno spettacolo basato sulla semplicità ma del tutto efficace per la comprensione dell’evolversi della trama e dello spirito del testo con movimenti molto curati, facendo un ottimo lavoro anche riguardo agli interpreti ragazzi, coadiuvato per le scene da Michele Della Cioppa e Maria Rossi Franchi e per i costumi da Giuseppe Bellini. Una parte visiva che è risultata fondersi al meglio con quella musicale per uno spettacolo di non comune omogeneità.


Il barbiere di Siviglia
Paisiello
Reate Festival
Rieti, Teatro Flavio Vespasiano
Settembre 2016

La Repubblica

Guido Barbieri

E’ proprio la spirale di un gigantesco gioco dell’oca a sorvegliare, come un sinuosissimo serpente, i destini incrociati di Rosina e del Conte di Almaviva, di Figaro e di Bartolo, ossia dei protagonisti del Barbiere di Siviglia di Giovanni Paisiello, risvegliato, dopo un lungo sonno, dall’edizione 2016 del Reate Festival. Con un autentico coup de thêâtre Cesare Scarton, il regista di questo nuovissimo allestimento, ha costruito al centro della scena, un grande, incombente “nastro di Moebius” che si compone e si scompone, ruota e si frammenta per racchiudere entro le sue spire gli equivoci, i travestimenti e gli svelamenti immaginati da Beaumarchais nel suo fortunatissimo Barbier de Séville. Un astratto gioco combinatorio di caratteri e di affetti che non a caso corrisponde alla logica aleatoria, e in fondo “sovrumana”, di un gioco di dadi.

L’ape musicale

Antonio Caroccia

Nella partitura paiselliana sono evidenti gli spessori psicologici dei personaggi, con una serie di arie di grande bellezza, contraddistinte da un sapiente trattamento strumentale e l’utilizzo degli strumenti a fiato (si pensi al clarinetto) capaci di disegnare le fini sfumature melodiche. Per non parlare poi dei bellissimi concertati ben resi dalla compagine vocale. Mettere però in scena un’opera simile e del Settecento non è assolutamente cosa facile. Bisogna far risaltare prima di tutto le vicende comiche e grottesche, le sfumature patetiche, i repentini cambi di umore dall’allegro al serio che sono, poi, i punti di forza di un dramma giocoso. Ma con un regista come Cesare Scarton possiamo star tranquilli. Un artista che conosce a memoria questo repertorio e che dimostra ancora una volta di ammaliarci con le sue trovate: movimenti scenici ordinati, fantasiosi e soprattutto rispettosi del testo. Di grande effetto anche le scene di Michele Della Cioppa con un circolo di caselle del gioco dell’oca che è stato sfruttato a seconda delle esigenze drammaturgiche e che ci è sembrato per nulla invasivo e del tutto adeguato all’opera paiselliana. Di sicuro effetto, parimenti, i costumi di Anna Biagiotti e le luci di Corrado Rea, per quel che possiamo definire un Barbiere di qualità e di rarità…

Classic Voice

Francesco Arturo Saponaro

Raffinato l’apparato visivo. Elegante la scenografia mobile di Michele Della Cioppa, con luci di Corrado Rea e costumi di Anna Biagiotti: spazio nel quale la regia di Cesare Scarton può disegnare un movimento vivace e incalzante, su una linea di garbata finezza, senza una sbavatura.

Image

Catiuscia Rosati

E infatti sul senso del gioco interpretato da artisti giovanissimi che si basa la regia di Cesare Scarton. E’ uno spettacolo che fa bene all’anima e il Teatro è un luogo dove accade molto di quello che può far crescere una comunità.

Scena critica

Tomaso Camuto

Una iniziativa credo dovuta a Cesare Scarton, tra i responsabili della rassegna e al caso qui anche nelle vesti di preciso regista per una affidabile riproposta de Il barbiere di Siviglia del musicista di scuola napoletana, lavoro assai noto ma oggi scarsamente rappresentato.

UniRoma.Network

Paola Pariset

La brillante, diversa e bellissima partitura di Paisiello, è stata presentata nella deliziosa e settecentesca scenografia di Michele Della Cioppa: un gioco dell’oca su carta a disegni floreali. In essa la regìa di Cesare Scarton, fedele alla partitura, allegra e spiritosa anche nei movimenti delle comparse, impone il confronto con le libertà e ingiustificate gratuità di tanti registi odierni. Avvolti in costumi bellissimi e adatti ai personaggi, disegnati da Anna Biagiotti, e sotto le luci di Corrado Rea, i cantanti univano la loro giovinezza a quella degli strumentisti.

Voceditalia.it

Claudio Listanti

Lo spettacolo è risultato molto ben calibrato tra tutte le sue componenti, con una parte scenica impostata tradizionalmente, lontana dalle stranezze registiche di oggi, ma che è riuscita a rendere intelligibile tutta la trama, con movimenti scenici molto curati che si inserivano bene nel colorato impianto scenico creato da Della Cioppa e basato sulla realizzazione del tabellone del gioco dell’oca la cui spirale conteneva al centro una finestra nella quale appare Rosina, il premio ideale per un gioco teso a soddisfare le smanie amorose del Conte di Almaviva. Una scelta, completata dagli appropriati costumi di Anna Biagiotti e dalle luci di Corrado Rea, adatta a porre in evidenza la misurata ma efficace ‘giocosità’ della trama.

Il messaggero

Le spettacolari scenografie di Michele Della Cioppa all’apertura del sipario hanno annunciato la cifra qualitativa di uno spettacolo firmato dalla regia di Cesare Scarton in cui la verve attoriale dei cantanti era pari alla loro bravura vocale e musicale, sostenuti da una straordinaria orchestra di coetanei diretta eccellentemente da Fabio Biondi, che contemporaneamente suonava il violino. Il pubblico, contagiato dalla freschezza di uno spettacolo che in crescendo rivelava comunicativa teatrale e fascino musicale, ha applaudito le singole arie, tributando alla fine, nei ringraziamenti di tutti coloro che hanno partecipato alla realizzazione dello spettacolo, un lunghissimo entusiastico applauso.


Prima la musica, poi le parole
Salieri
Roma, Auditorium “Ennio Morricone”
Università Roma Due Tor Vergata
Aprile 2016

L’Espresso

Giovanni Carli Ballola

Chiamalo “divertimento”, quella presa per i fondelli del mondo della musica, crudamente posto in vetrina con tutte le sue stravaganze, vanità, miserie, scioccherie; un calderone magistralmente rimestato da Cesare Scarton che ha messo il diavolo in corpo a tutti i protagonisti.

La platea.it

Fabio Montemurro

L’Orchestra Roma Sinfonietta diretta da Gabrile Bonolis, il regista Cesare Scarton, i due bassi (Luca Bruno e Giorgio Celenza) e i due soprani (Susanne Bungaard e Sabrina Cortese) riescono con praticamente poco (se non nulla) a dare vita, sul palco dell’Auditorim “Ennio Morricone”, a qualcosa di disincantatamente bello in quanto coglie l’essenza del lavoro fatto a suo tempo dal compositore e del librettista italiani per soddisfare la richiesta dell’imperatore asburgico.


La scuola di guida/Lo scoiattolo in gamba
Rota
Roma, Università Tor Vergata Auditorium Ennio Morricone
Dicembre 2015

L’Espresso

Giovanni Carli Ballola

L’Auditorium si riempie di voci bianche e di pittoresche comparse… Cesare Scarton, regista dalle mille trovate.

La Repubblica

Federico Capitoni

Le operine di rara esecuzione, messe ottimamente in scena dal Festival OperaInCanto e arricchite dalla regia di Cesare Scarton, sono La scuola di guida – geniale sketch lirico di quindici minuti – e Lo scoiattolo in gamba, favola che diverte bambini e adulti, entrambe di Nino Rota.

La Voce d’Italia

Claudio Listanti

La parte visiva è stata curata con molto gusto da Cesare Scarton con una regia elegante ed effervescente, al quale va dato anche il merito di non cadere nella facile trappola di rappresentare lo scoiattolo in senso ‘animalesco’, ma dando al personaggio sembianze umane, elemento che ha garantito una maggiore godibilità di quella parte dello spettacolo, grazie anche all’utilizzo di proiezioni appropriate e felicemente colorate.

La Repubblica

Federico Capitoni

Le operine di rara esecuzione, messe ottimamente in scena dal Festival OperaInCanto e arricchite dalla regia di Cesare Scarton, sono La scuola di guida – geniale sketch lirico di quindici minuti – e Lo scoiattolo in gamba, favola che diverte bambini e adulti, entrambe di Nino Rota.

gothic.Network.org

Daniela Puggioni

Le scene e la regia, briosa e movimentata, sono state ideate da Cesare Scarton, colorate e giocose, hanno interpretato appieno lo spirito lieve e divertito delle operine, contribuendo alla riuscita dello spettacolo. Il pubblico si è divertito e ha applaudito con calore tutti gli interpreti.

Il giornale dell’Umbria

Stefano Ragni

Cesare Scarton opera con sfondi animati in una serata dai risvolti piacevolissimi. Spettacolo di piena soddisfazione che, dato il tema della fiaba, e la presenza del coro giovanile, rende questa operina, di facile ascolto, molto agile per un efficace percorso scolastico formativo.


Il tempo

Paola Pariset

Con le due operine di Nino Rota, che oggi la stagione concertistica dell’Università di Tor Vergata riesce ad inscenare nell’Auditorium Morricone, è davvero arrivato il momento del riscatto di Nino Rota. Scene e regia del bravissimo Cesare Scarton.


La lettera amorosa/Il combattimento di Tancredi e Clorinda
Monteverdi
Cimarosa
Roma, Auditorium “Ennio Morricone” Università Roma Due Tor Vergata
Febbraio 2015

GothicNetwork.org

Daniela Puggioni

Per La lettera amorosa il regista, Cesare Scarton, ha interpretato il testo con garbata e acuta ironia: la destinataria reagisce ai crescenti deliri amorosi del cavaliere passando dallo stupore all’esasperazione, infine ha un gesto di stizza, accartoccia e getta via la lettera ma… poi la raccoglie…. ci ripensa ? Invece per Il combattimento di Tancredi e Clorinda, Cesare Scarton ha scelto di curare la parte scenica con una coreografia di breakdance, che pur essendo molto fisica e acrobatica, ha conferito al duello un carattere di ritualità da guerrieri antichi del lontano Oriente: una soluzione affascinante e drammaticamente efficace.

Voceditalia

Claudio Listanti

La parte visiva era affidata alla regia di Cesare Scarton che nella Lettera Amorosa ha saputo abbinare alla parte vocale movimenti molto efficaci per richiamare lo ‘struggimento amoroso’ contenuto nella lettera che sono riusciti a dare quel senso ‘erotico’ che assieme, parole canto e musica, riescono a trasmettere all’ascoltatore. Concludeva la serata Il combattimento di Tancredi e Clorinda: Cesare Scarton ha scelto di affidare a due mimi/ballerini l’azione dei personaggi, non in senso realistico ma in senso ideale, creando movimenti plastici ed essenziali, che richiamavano questo duello infinito dal finale tragico ma, introducendo come elemento ‘realistico’ il sangue sgorgante dalle ferite che i due personaggi subiscono durante questo cruento ed interminabile ‘combattimento’. La parte visiva, come l’abbiamo descritta, integrava molto efficacemente quella musicale.


L’impresario in angustie
Cimarosa
Roma, Parco della Musica
Dicembre 2014

Opera click

Michelangelo Pecoraro

Eccellente il lavoro del regista Cesare Scarton, di cui ho già scritto a proposito del gioiellino Brundibár messo in scena lo scorso anno con il Teatro dell’Opera di Roma. La forma semiscenica nulla toglie al lavoro di interazione tra i cantanti e, visti i tempi di vacche magre, non sarebbe affatto male programmare più opere in forma semiscenica se le regie riuscissero a sprizzare energia e divertimento a questo modo. Scarton usa le strutture della sala (entrate laterali, camminatoio in alto che si affaccia sul palco, entrate della platea), due sedie e un tavolino per far giocare tra loro gli interpreti: sollevamenti di cantanti, comiche lotte tra primedonne, seduzioni multiple e aggravate, banconote da cento euro sfoggiate con cupidigia e folli inseguimenti hanno causato più di una risata in platea. I cantanti sono stati aiutati nel fraseggio e il tempo dell’opera è volato via in un battibaleno.

Opera Libera

Simone Ricci

«Un ottimo lavoro che ci ha divertito a dispetto del gran caldo della sala»: il giudizio di Johann Wolfgang von Goethe si riferisce a una rappresentazione romana (per la precisione al Teatro Valle) del 1787 de L’impresario in angustie, atto unico di Domenico Cimarosa che viene colpevolmente messo in secondo piano rispetto a opere più famose del compositore aversano. L’Accademia Nazionale di Santa Cecilia ha però “rispolverato” questa farsa, riuscendo ad ottenere, senza strafare e voler stupire a tutti i costi, un successo lusinghiero. Quest’ultimo è stato il risultato di diversi fattori concomitanti: anzitutto, l’esecuzione in forma semiscenica, ma, non meno importante, la sintonia tra i giovani artisti di Santa Cecilia Opera Studio e l’Ensemble Novecento.


Il campanello
Donizetti
Amelia, Teatro Sociale
Terni, Teatro Secci
Ottobre 2014

Il giornale dell’Umbria

Stefano Ragni

E’ così che il regista Cesare Scarton ricorre alle immagini digitali di Flaviano Pizzardi per costruire uno sfondo che si apre, si cambia, si anima avvolgendo anche i cantanti in un piccolo gioco di compiaciuta complicità.

GothicNetwork.org

Daniela Puggioni

La regia spumeggiante di Cesare Scarton ha posto l’accento sul carattere sulfureo e ironico del testo; il perfetto meccanismo teatrale ha funzionato alla perfezione, favorito dalla scenografia digitale che ha creato uno spazio prospettico virtuale e ha dato l’illusione dello spostamento dei personaggi da una stanza all’altra. Durante la celebre  e ardua aria “Mio signore venerato” del sedicente e beffardo vecchietto, i vasi della farmacia hanno volteggiato a tempo di musica nello spazio, alludendo scherzosamente alla serie interminabile di rimedi richiesti; una citazione forse involontaria del cartoon della Disney, La spada nella roccia (1963).

Voceditalia

Claudio Listanti

La parte visiva si fondeva con efficacia alla parte musicale. E’ stato utilizzato un allestimento creato per Il Reate Festival del 2010 di grande effetto basato su immagini digitali molto ben costruite da Flaviano Pizzardi, non astratte ma piuttosto ‘veriste’, colorate e divertenti, integrate dai costumi di Laura Viani; il tutto sotto la regia di Cesare Scarton che è riuscito a creare giusti movimenti scenici, certamente privi di qualsiasi ricorso al cattivo gusto come a volte accade per l’opera comica, ma ben calibrati con l’esecuzione musicale e con la verve donizettiana che è stata, oltre agli interpreti tutti, la vero protagonista della serata.


I due Orfei
Haydn/Gluck
L’Aquila, Auditorium del Parco
Luglio 2014

Il giornale della musica

Carla Di Lena

La versione semiscenica realizzata da Cesare Scarton con il supporto dei bei costumi settecenteschi di Nicola Trotta puntava su una gestualità composta e figurativa ispirata all’iconografica antica. D’altra parte la freschezza dei giovani interpreti rendeva con espressività autentica i sentimenti della vicenda mitologica. La direzione sicura di Marcello Bufalini a capo dell’Orchestra Sinfonica Abruzzese e il coro ben preparato da Rosalinda Di Marco, costruivano nel complesso una serata a cui nulla mancava della suggestione teatrale di ben più blasonati contesti operistici.

Amadeus

Marco Vallora

Nel “percorso drammaturgico sul mito di Orfeo”, progettato dal sensibile regista-musicologo Cesare Scarton, pur ribaltando la cronologia musicale (l’Orfeo “viennese” di Gluck è del 1762, quello di Haydn del 1791), è la trama dei due libretti che giustifica quest’ardita ricucitura. […] Ma tutti erano ammirevoli, per sicurezza vocale e drammatica penetrazione, nella sobria pennellatura settecentesca della versione di Scarton.


Brundibár
Krása
Roma, Teatro Nazionale
Teatro dell’Opera di Roma
Gennaio 2014

Opera Click

Michelangelo Pecoraro

Opera, dunque, la cui messa in scena difficilmente può evadere la particolarissima cornice storica tragico-fiabesca che la rende un unicum artistico. E non vi rinuncia il regista Cesare Scarton, alla sua terza occasione di incontro con il lavoro di  Krása. Scarton apre la rappresentazione, a luci spente, con il suono di un treno. Subito dopo entrano in platea i bimbi/cantanti deportati, con le stelle cucite sugli abiti logori, cantando il mesto canto ebraico In Esilio, testo tratto dall’Antico Testamento, a indicare «lo strazio del distacco dai propri affetti, dal proprio paese» (parole dello stesso regista). Il palco curato da Michele Della Cioppa è inizialmente ancor più cupo: lettini di legno da camerata nazista sovrastati dall’arcinota targa in ferro con la scritta «Arbeit macht frei». Non appena i bimbi salgono sul palco, però, la gaia atmosfera fiabesca si impone sovrastrutturalmente: dipinti color pastello poggiati sui lettini simulano il paese di fiaba in cui la vicenda si svolge; un sole e una luna egualmente dipinti si alternano a indicare il trascorrere del tempo narrativo; gli abiti dei bimbi, firmati da Anna Biagiotti e indicanti la permanenza nel campo (Brundibar è vestito da ufficiale nazista), e i lettini rimangono la spia sempre accesa a indicare il contesto originale di creazione e fruizione. Al termine delle vicende, dopo il gioioso coro finale per la cacciata di Brundibar e la calata di un arcobaleno dove prima si ergeva la targa minacciosa, la luce si spegne improvvisamente e ritorna il rumore del treno. Un’alternanza emozionante di sensazioni antitetiche.


L’italiana in Algeri
Rossini
Chieti, Teatro Marrucino
Dicembre 2013

Opera Click

Domenico Ciccone

L’allestimento che porta la firma di Cesare Scarton, con le scene di Michele Della Cioppa e i costumi di Nicola Trotta, ha presentato tutte le “turcherie” di tradizione. L’altrettanto evidente necessità di un allestimento low-cost non ha però impedito una buona riuscita complessiva, grazie soprattutto alla volontà di non cadere nella trappola del farsesco a tutti i costi, e anzi offrendo alcuni interessanti spunti. Il Bey, anzitutto, è ben lontano dall’essere il farlocco sessuomane che troppo spesso si è visto, ma è recuperato alla giusta dignità di personaggio buffo ma autorevole, che ad esempio sa essere giustamente torvo nell’accento e nell’espressione al “Cara m’hai rotto il timpano”, mentre Elvira e Zulma erano convenientemente spaventate. La scena unica, inoltre, presentava un doppio cerchio sospeso in mezzo a un minareto stilizzato intorno al quale erano appesi pannelli che riproducevano panorami e arazzi arabeggianti: con dei figuranti che ruotavano i pannelli intorno a una piattaforma di legno anch’essa mobile, e un sapiente uso delle luci, si ricreavano i diversi ambienti, fra i quali particolarmente riuscito l’appartamento di Isabella durante “Per lui che adoro”.


Un giorno di regno
Verdi
Reate Festival 2013
Rieti, Teatro Flavio Vespasiano
Novembre 2013

La Voce

Claudio Listanti

Riproporre il giovane Verdi è una scelta che approviamo senza indugi per la quale dobbiamo ringraziare la direzione artistica di Cesare Scarton. Lo stesso Cesare Scarton ha firmato la regia ottenendo un lusinghiero risultato che il pubblico ha dimostrato di gradire.

GothicNetwork.org

Daniela Puggioni

Cesare Scarton, che l’ha curata è riuscito a imprimere un ritmo brioso e divertente con trovate molto riuscite.


Anna Bolena
Donizetti
Reate Festival 2013
Rieti, Teatro Flavio Vespasiano
Settembre 2013

La Voce

Claudio Listanti

Per quanto riguarda la parte visiva la regia era di Cesare Scarton, che ha lavorato in piena sintonia con Fabio Biondi, concependo una ambientazione ottocentesca in linea con quanto spesso avviene oggi per opere di quel periodo. Una regia attenta con lo svolgimento della trama con momenti molto intensi. Le scene e i costumi realizzati con la collaborazione del Teatro dell’Opera di Roma erano curati, rispettivamente, da Michele Della Cioppa e da Anna Biagiotti con le luci di Corrado Rea.

Avvenire

Virginio Celletti

Applaudita anche la regia di Cesare Scarton

Uniroma Network

Paola Pariset

Lo spettacolo era in collaborazione col Teatro dell’Opera di Roma, da cui provenivano l’ideatore delle semplici e intonate scene Michele della Cioppa, i costumi accuratissimi di Anna Biagiotti, mentre le bellissime luci di un immenso lampadario di cristallo (specie del II atto) erano di Corrado Rea. Una lode vada subito ai movimenti composti, regali, dei protagonisti e della corte, diretti dalla sobria e perfettamente centrata regìa di Cesare Scarton, che tanta parte riveste nella riuscita scenica di un’opera lirica

Citta Nuova

Mario Dal Bello

Nemmeno quaranta orchestrali (l’organico del 1840 appunto), un palcoscenico grazioso, ma piccolo del Teatro Flavio Vespasiano, un coro ridotto (ma molto efficiente), scene essenziali di Michele Della Cioppa, una regia sobria di Cesare Scarton.

Album

Giulia Vannoni

Lo spettacolo di Cesare Scarton ha spostato l’ambientazione all’Ottocento – il secolo dell’apogeo del melodramma – dove, al posto dei dignitari di corte cinquecenteschi, c’era il pubblico teatrale, disposto alla massima empatia con la sventurata protagonista.

GothicNetwork.org

Daniela Puggioni

Le scene di Michele Della Cioppa e i costumi ottocenteschi di Anna Biagiotti si sono ben inseriti nella regia di Cesare Scarton, una regia che ha ben reso il dramma.


Donna, serva della mia casa
Roma, Teatro Olimpico
Accademia Filarmonica Romana
Maggio 2013

Il corriere della sera

Emilia Costantini

La regia di Cesare Scarton: nell’asciutto spazio scenico dove si dipanano le due trame speculari, le azioni e i sentimenti dei personaggi vengono restituiti al pubblico nella loro più scarna, lucida e crudele verità.

Il giornale della musica

Carla Di Lena

In entrambi i casi la drammaturgia si è giovata della regia esperta di Cesare Scarton inserita in un impianto scenico essenziale ma efficace, ravvivato dalle proiezioni di Flaviano Pizzardi.

L’Espresso

Giovanni Carli Ballola

L’analogia delle situazioni ha suggerito a Cesare Scarton un discorso teatrale incline alla continuità, quasi tragedia che si avvita su se stessa.

Blog. Il mondo della musica.com
(rivista on line)

Ivana Musani

La regia di Cesare Scarton ha fatto miracoli nel dare movimento a due situazioni pressoché statiche, mentre Flaviano Pizzardi ha dato convincente dimostrazione di come si possa supplire alla mancanza di scene con pertinenti giochi di luce.

Italiani (rivista on line)

Massimo Predieri

Il regista dei due spettacoli, Cesare Scarton, vede un nesso tra i due racconti, quasi che la giovane Lena, tornata con le proprie forze alla libertà, rappresenti un riscatto per Fatwa.

L’Unità

Luca Del Frà

Da qui è nata l’idea di farne un dittico affidato per la regia a Cesare Scarton che con i pochi mezzi a disposizione spacchetta bene le due vicende.

La Repubblica

Dino Villatico

Essenziale la regia di Cesare Scarton. Il pubblico numeroso applaude tutti.

Classic Voice

Ennio Speranza

Assai efficace la regia complessiva di Cesare Scarton, che si affida spesso al puro gioco di luci.

Brescia Today
(rivista on line)

La regia delle due opere, firmata da Cesare Scarton, un po’ indecisa tra realismo e stilizzazione, riserva comunque bei momenti suggestivi e sceglie una comune scena nuda, con quinte mobili a modularne gli spazi, e un letto al centro, simbolico, dove Fadwa, scoperta col ragazzo, viene uccisa e che, nel secondo lavoro, diviene proprio un’alcova gabbia prigione per Lena, la cui figura è ispirata invece a quella di Natascha Kampusch, la giovane austriaca tenuta segregata per nove anni dal suo aguzzino.


Brundibár
Krása
Roma, Teatro Nazionale
Teatro dell’Opera di Roma
Gennaio 2013

Il giornale della musica

Mauro Mariani

È impossibile rappresentare Brundibár prescindendo da questi fatti e pensando solo al suo indubbio valore teatrale e musicale, che però sarebbe ingiusto trascurare. La regia di Cesare Scarton concilia questi due elementi con un equilibrio che ha del miracoloso. I piccoli protagonisti entrano dal fondo della platea con la stella gialla sul petto, intonando un canto tradizionale ebraico. Quando si apre il sipario e sulla scena compaiono i tristi letti a castello delle baracche dei campi, sovrastati dalla ben nota scritta Arbeit macht frei. Ma alcuni colorati disegni infantili scendono dall’alto e Brundibár ridiventa così una favola, anche divertente, come Krása l’aveva immaginata, senza però dimenticarne il tragico sfondo storico. Alla fine un arcobaleno di speranza sostituisce l’insegna di Auschwitz, ma lo sferragliare d’un treno ricorda quale fu il vero epilogo della vita di quei bambini.

Avvenire

Virgilio Celletti

L’ouverture è apocrifa ma non arbitraria. E’ il rumore cadenzato e opprimente di un treno merci antidiluviano vicino alla meta, e allude inequivocabilmente alle deportazioni degli ebrei nei lager nazisti. Quel rumore non è opera del compositore praghese Hans Krása (1899-1944), autore della partitura vera e propria, Brundibár, un’opera per bambini che il Teatro dell’Opera di Roma ha messo in scena l’altra sera: è un’idea registica di Cesare Scarton che sottolinea per contrasto una musica deliziosa e accattivante destinata a sua volta a illustrare una fiaba che nasconde una tragedia.

Teatro.org (rivista on line)

Umberto Asti

La misurata ed efficace regia di Cesare Scarton ci trasmette molti brividi, con il lungo corteo di bambini nelle cupe grigie divise da internati o, quando nel finale, si vedono le silouettes in controluce mentre si sente lo sferragliare del treno per Auschwitz.


La serva padrona
Pergolesi
Teatro di Tor Bella Monaca, Roma
Teatro di Roma
Dicembre 2012

La nuovelle vague
(rivista on line)

Cogliendo l’attualità di questa storia, il regista Cesare Scarton l’ambienta ai nostri giorni, eliminando ogni residuo manierismo settecentesco e liberandone la pungente comicità. Un allestimento già portato in tournée in vari paesi dell’Europa dell’est, dove ha divertito moltissimo il pubblico ed è stato accolto con irrefrenabili applausi.

Teatro.org (rivista on line)

L’efficace regia di Cesare Scarton, nonostante la scarna ambientazione moderna, ricrea l’atmosfera di ciprie e parrucche dell’opera buffa e valorizza le grandi capacità interpretative dei protagonisti.


Boletus
Boccadoro
Teatro Sergio Secci, Terni
OperainCanto
Ottobre 2012

Il giornale della musica

Mauro Mariani

La regia di Cesare Scarton regola attentamente il meccanismo teatrale su cui si regge quest’operina.

Amadeus

Francesco Arturo Saponaro

La regia, creativa quanto misurata, di Cesare Scarton.


La serva padrona
Pergolesi
Teatro Sergio Secci, Terni
OperainCanto
Ottobre 2012

Terni in rete
(rivista on line)

L’allestimento proposto da OperaInCanto è quello studiato da Cesare Scarton (un’attualizzazione della vicenda, con una regia vivacissima e pungente) e già portato, dagli stessi interpreti in alcune capitali europee con grandissimo successo.

La voce d’Italia.it (rivista on line)

Claudio Listanti

Anche in questo caso il merito dello spettacolo è da attribuire alla regia di Cesare Scarton e alla direzione di Fabio Maestri. Ne La serva padrona non abbiamo visto il solito Uberto vecchio e noioso e Serpina interessata soprattutto al salto di qualità ‘sociale’, ma una coppia piuttosto giovane, senza differenza significativa di età, due personaggi in fondo innamorati l’uno dell’altro nelle cui gesta c’era molto sensualità ed anche richiami alla sessualità, una regia alla quale hanno dato i loro ideali contributi Damiana Mizzi, Serpina spiritosa e vivace ma anche ‘intraprendente’ e l’Uberto di Dario Ciotoli, coadiuvati nella parte ‘mimica’ dal Vespone di Nicola Ciulla.

Il giornale dell’Umbria

Stefano Ragni

E nell’Italia delle “badanti” cadono giusti i frizzi e le svenevolezze della servetta Despina, Damiana Mizzi, assecondata da un mimo sbalorditivo come Nicola Ciulla. Regia di Cesare Scarton nei canoni della migliore commedia all’italiana.

othic.Network.org
(rivista on line)

Daniela Puggioni

Il notissimo intermezzo pergolesiano viene presentato nell’edizione critica di Fabio Maestri e nella regia, attualizzata e virtuosistica, di Cesare Scarton. Una produzione che ha già avuto larghissimi consensi a Roma e all’estero (Ucraina, Lettonia, Estonia, Lituania).

Amadeus

Francesco Arturo Saponaro

Di pregevole vivacità la regia di Cesare Scarton.


Gianni Schicchi
Puccini
Teatro Sergio Secci, Terni
OperainCanto
Ottobre 2012

Il giornale dell’Umbria

Stefano Ragni

Ora qui a Terni, al Teatro Secci, la versione firmata da Cesare Scarton non ha niente a invidiare a nessuno. Otto fondali di Gennaro Vallifuoco, che, uniti o scomposti rappresentano una città medievale come potevano dipingerla Giotto e Benozzo Gozzoli, e gli attori indossano i panni dell’epoca di Puccini e si muovono con disinvoltura intorno al lettone dell’inanimato Buoso Donati, spazio scenico che coagula tutta l’azione. Con mezzi minimi si fa teatro efficace.


Adina
Rossini
Teatro Flavio Vespasiano
Reate Festival Rieti
Settembre 2012

Il giornale della musica

Mauro Mariani

L’acuta regia di Cesare Scarton centra perfettamente quest’intrico a tratti drammatico di sentimenti, nell’aerea cornice scenica di Gennaro Vallifuoco, fatta di immagini digitali che sotto i nostri occhi si fanno e si disfano, si avvicinano e si allontanano.

Il Tempo

Paola Pariset

Il direttore d’orchestra Carlo Rizzari e il regista Cesare Scarton di questa splendida opera fra il comico e il tragico hanno elaborato il passaggio inverosimilmente abbreviato nel libretto, fra i due piani drammaturgici, con un’accorta dilatazione dei tempi recitativi al momento dell’affiorare del sentimento paterno nel Califfo verso la bella Adina di cui fino allora era innamorato.

Frontiera (rivista on line)

La regia di Cesare Scarton nel rendere a pieno la drammaturgia di una vicenda tradizionalmente legata alle convenzioni delle turcherie del teatro settecentesco, rendeva i tratti dei sentimenti umani con rara sensibilità. Tra i momenti più toccanti la scoperta del Califfo di essere in realtà il padre della fanciulla che ama, nata da un amore giovanile proprio con quella donna che i tratti della giovane ricordavano inspiegabilmente.

Oltrecultura
(rivista on line)

Valentina Accardi

Nella messinscena di Cesare Scarton, regista della produzione reatina, il finale assume un retrogusto amaro, quantomeno ambivalente, oscillante tra la gioia dei giovani amanti che salpano verso la loro vita insieme e l’affanno del Califfo in preda alla disperazione. Una lettura certamente legittima, che conferisce spessore e – per quanto possibile – credibilità alla vicenda. Per il resto, Scarton dimostra ancora una volta di avere una mano assai felice per quanto riguarda la valorizzazione del versante attoriale dei cantanti e la gestione dello spazio scenico.


Ravel, L’heure espagnole
Puccini, Gianni Schicchi
Roma, Sala Petrassi, Parco della Musica,
Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Settembre 2012

Il Tempo

Lorenzo Tozzi

La guida musicale di Carlo Rizzari e la briosa regia di Cesare Scarton hanno messo in scena due gioiellini teatrali di inizio secolo, sottolinenandone l’affinità drammaturgica e musicale. Operazione lodevole che si è aperta con L’heure espagnole di Ravel, vivace nel girandolesco viavai di pendole al femminile, rifugio di giovani spasimanti. In Gianni Schicchi la sbrigliata regia valorizza la geniale partitura, collocandola in un clima claustrofobico quasi pirandelliano con al centro il catafalco funebre. Bell’esempio in definitiva di teatro “povero”, ma ricco di idee.

Il giornale della musica

Mauro Mariani

Il piccolo palcoscenico giova all’esile vicenda de L’heure espagnole, anche per il determinante contributo della regia di Cesare Scarton che – nella scena elegante e quasi astratta di Gennaro Vallifuoco, che lascia solo qualche accenno stilizzato alla Spagna del Seicento – realizza uno spettacolo limpido, vivace, arguto. In Gianni Schicchi, Scarton costruisce un meccanismo teatrale serrato che scorre in sintonia con la musica, senza sbandare verso il grottesco. Finalmente Schicchi non è un insopportabile istrione ma un contadino semplice e concreto, che, in contrasto con l’isterismo impotente dei Donati, sa come si deve fare.

La Repubblica

Dino Villatico

La regia muove i cantanti con disinvoltura.

Città Nuova
(rivista on line)

Mauro Del Bello

La compagnia di canto conta belle voci (Davide Giusti, Rosa Feola) e la regia di Cesare Scarton fa sorridere nel teatro marionettistico.

Musicaamore
(rivista on line)

Carlo Putelli

Magistrale la regia di Cesare Scarton: raffinata, fantasiosa e sempre funzionale.


La piccola volpe astuta
Janáček
Sala Petrassi, Parco della Musica, Roma
Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Aprile 2011

L’Espresso

Giovanni Carli Ballola

Il direttore d’orchestra Marco Angius e il regista Cesare Scarton hanno intuito quanto di profondamente serio promani da quella fiaba, e lo hanno espresso valendosi della storica traduzione di Fedele D’Amico: senza presunzioni contenutistiche, ma nei toni lievi e commoventi di un apologo sorridente.

Il giornale della musica

Mauro Mariani

Se quest’allestimento realizzato con mezzi ridotti non fa affatto rimpiangere quelli visti sui grandi palcoscenici, gran parte del merito è di Cesare Scarton, che coglie perfettamente lo sguardo puro e commosso ma ironico con cui il vecchio compositore osserva la natura, in una scenografia da libro illustrato, con la notte stellata e il sole e la pioggia e la neve e il bosco che cambia colori con l’eterno volgere delle stagioni.

Amadeus

Anna Maria Pellegrini

Le scelte della regia di Cesare Scarton hanno rispettato la volontà dell’autore con scene poetiche e naïves di Gennaro Vallifuoco e cambiamenti a vista che, novità dei tempi, affidano a proiezioni e ad animazioni il rinnovarsi delle stagioni.

Opera Actual

Mauro Mariani

La directión escénica propuesta por Cesare Scarton supo traducir la mirada pura y conmovida pero también irónica con que Janácek observa la naturaleza.


Il campanello
Donizetti
Teatro Flavio Vespasiano
Reate Festival, Rieti
Agosto 2010

La repubblica

Pregevole il lavoro del regista Cesare Scarton nella cura dell’azione scenica e della dizione dei cantanti tutti molto credibili, in particolare la coppia Serafina (Rosa Feola) e Don Annibale (Simone Alberti).

BloggiOne.com – Bloggione.it
(rivista on line)

Per fortuna è invece apprezzabile la regia di Cesare Scarton, che anche nei momenti più farseschi, non rinuncia mai all’eleganza.

Close up (rivista on line)

La decisione di presentare una scenografia completamente digitale è stata senza dubbio l’elemento distintivo della serata. L’idea nasce dalla mente del regista Cesare Scarton, mentre gli avatar e gli ologrammi sono stati creati dalla Pool Factory.


Così fan tutte
Mozart
Sala Petrassi, Parco della Musica, Roma
Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Giugno 2010

Il giornale della musica

Mauro Mariani

La regia di Cesare Scarton, tradizionale ma molto ben giocata, puntava soprattutto sul comico, ma con un finale amaro.

La Repubblica

Angelo Foletto

La regia di Cesare Scarton ha disegnato uno spazio scenico di natura geometrica e regolare.

Il corriere della sera

Mya Tannenbaum

Un Mozart comico da dieci e lode con la regia di Cesare Scarton.

Amadeus

Francesco Arturo Saponaro

La regia di Cesare Scarton ha garbatamente condotto i giovani interpreti a un disegno naturalistico, con qualche pennellata spiritosa dove occorre.

RecenSito (rivista on line)

Cinzia Crobu

Convincente e molto attuale la regia di Cesare Scarton.


Chi rapí la topina Costanza?
Roberta Vacca
Sala Petrassi, Parco della Musica, Roma
Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Gennaio 2009

Il corriere della sera

Paolo Conti

Altra caratteristica della “Topina Costanza” è la voluta sobrietà della regia di Cesare Scarton. Nessuna soluzione cervellotica, niente azzardi: la consapevolezza di voler conquistare con i colori e i rinvii alle favole.


Otto von Kitsch
Roberta Vacca
Amelia, Teatro Sociale
Novembre 2008

Classic Voice

Sandro Cappelletto

La regia di Cesare Scarton è consapevole del pubblico di riferimento, senza piaggeria, senza volgarità, con gusto e divertimento. Nascesse davvero un teatro d’opera destinato ai ragazzi, e magari con i ragazzi!

L’Opera

Mauro Mariani

Questa “opera semiseria” centra perfettamente il suo scopo grazie alla spiritosa regia di Cesare Scarton.